I, Daniel Blake

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I, Daniel Blake (Ken Loach, 2016) • VOTO 8

Un carpentiere sessantenne con necessità di assistenza sanitaria, si ritrova senza lavoro e tagliato completamente fuori dalla possibilità di trovarne un’altro o di avere l’aiuto necessario dallo Stato.

In una Newcastle contemporanea Daniel (Dave Johns) è un carpentiere di sessant’anni a cui sono stati diagnosticati problemi cardiaci. Scaricato dalla propria ditta, si ritrova ad avere a che fare con l’inutile e farraginosa burocrazia dei centri di impiego dove avrebbe necessità di ricorrere in appello per il licenziamento, di richiedere assistenza sanitaria e di cercare un nuovo lavoro. 
Fare richieste online per un uomo che non ha mai acceso il computer è già un’ardua prova da superare, se poi si aggiunge l’ottusagine degli impiegati dell’ufficio di collocamento e la reale assenza di possibilità di lavorare per un uomo nelle sue condizioni, la situazione è veramente tragica.
Proprio in questo ufficio Daniel conosce Katie, ragazza madre di due bambini, e si sostengono a vicenda fisicamente ed emotivamente.

Un film realisticamente drammatico, ci racconta la vita di molti sessantenni europei di questi anni a cui la crisi o la salute ha tolto il lavoro e che non sanno come arrivare a fine mese in attesa della meritata pensione. Forse eccessivo il problema dell’uso del computer, trovo invece molto calzante la lotta contro i mulini a vento della burocrazia, che incita Daniel a cercare un lavoro che non esiste.
La pellicola è tutta storia e recitazione, quindi non c’è da aspettarsi effetti speciali o inquadrature particolari. La storia di Daniel ci crea un groppo alla gola dalla prima all’ultima scena. La sua lettera per l’appello è una critica spietata alla politica insensata degli ultimi 15 anni, perché la dignità di un uomo si misura con la sua capacità di vivere per lavorare e non di dover lavorare per sopravvivere.


Lacrimoni garantiti.

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