Manchester by the sea (Kenneth Lonergan, 2016) • Voto 4

Lee (Casey Affleck, fratello di Ben) è diventato sociopatico dopo aver perso entrambe le figlie nell’incendio della propria casa (una tragedia!) ed è stato proprio lui a dare fuoco alla casa involontariamente (porca miseria!!). Il fratello di Lee muore a causa di una malattia rarissima (vabbè ma allora è sfiga…) e gli lascia in affidamento il figlio Patrick, che è pure roscio (è questo il vero dramma del film). La mamma di Patrick lo ha abbandonato da piccolo perché si alcolizzava e tutt’ora continua a farlo (più dramma!). Nell’organizzare il funerale del fratello, Lee rincontra la sua ex moglie Randi (Michelle Williams) che sta per avere un figlio da un altro uomo (ancora più dramma, vi prego!). È a questo punto che Patrick butta via lo stecco del Magnum con ancora attaccato il cioccolato e decido che questo film è troppo drammatico per i miei gusti!!!

Il film è stato premiato al Sundance Festival, ai Golden Globe a agli Oscar, quindi sono io che evidentemente mi sono perso qualcosa. Però la scena dello scrittore della trama che scrive con in mente una folla che gli urla: “Più dramma! Più dramma! Vogliamo più dramma!!” non me la leva nessuno dalla testa.

Buona pesantezza a tutti!

Salesman (Asghar Farhadi, 2016) • Voto 8

Mentre lavorano alla messa in scena di “Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller, una coppia di attori si ritrova senza casa. Nella nuova dimora provvisoria lei viene assalita da uno sconosciuto e si scatena un dramma psicologico complicato da questioni di vergogna ed onore tipiche della cultura islamica.

Rana (Taraneh Alidoosti) ed Emad (Shahab Hosseini) sono due attori iraniani di teatro e stanno lavorando alla messa in scena di “Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller. Sono costretti ad abbandonare il loro appartamento per pericolo di crollo ed il loro regista gli offre ospitalità in una sua casa sfitta.

Una sera Rana viene aggredita da uno sconosciuto in casa, mentre sta facendo la doccia. Il dramma della violenza sulla donna si mischia alla vergogna ed il disonore per essere stata vista nuda. Rana ed Emad decidono di non denunciare il fatto alla polizia, ma Emad rimane comunque determinato a scoprire l’aggressore.

Un dramma psicologico che prende dal primo momento. La violenza sulla donna e le contraddizioni della cultura islamica tra antichi principi e modernità sono raccontate con delicatezza ed incisività da Asghar Farhadi. Questa pellicola si è meritata decisamente l’Oscar 2017 come miglior film straniero.

Consigliatissimo.

Paterson (Jim Jarmusch, 2016) • Voto 7

La settimana di Paterson, un autista di bus fidanzato con una hippie del XX secolo.

Paterson (Adam Driver) è di Paterson e vive a Paterson con la propria fidanzata (Golshifteh Farahani). Paterson fa l’autista di autobus e nel tempo libero scrive poemi su un quadernino. Le giornate sono tutte simili, le uniche variabili sono i suoi scritti e i sogni della propria fidanzata.

Jarmusch ci coinvolge in una storia d’amore esistenzialista, in cui si coglie nei dettagli la bellezza del vivere. Le sfide che la vita ci pone davanti quotidianamente sono l’essenza stessa della vita. La poesia è grande protagonista del film, senza mai essere scontata o smielata, ma romanticamente semplice e quotidiana.

Un film che ci può alleggerire la giornata, ma che allo stesso tempo ci fa pensare.

"Una pagina bianca contiene molte possibilità"

Silence (Martin Scorsese, 2016) • Voto 4

Due giovani missionari si rifiutano di credere che il loro maestro si sia convertito alla cultura giapponese e decidono di partire per cercarlo.

Nel XVII secolo in Giappone i cristiani, ed in particolar modo i missionari, sono perseguitati e torturati dall’esercito dell’Imperatore. 

Padre Rodrigues (Andrew Garfield) e Padre Garupe (Adam Driver), due giovanissimi preti, decidono di partire per la terra del sole nascente per ritrovare il loro maestro, Padre Ferreira (Liam Neeson), che sembra abbia ceduto alla volontà giapponese e abbandonato la fede cristiana.

Nel viaggio i due gesuiti dovranno nascondersi e si troveranno a che fare con una popolazione locale fortemente cristiana, quasi integralista. Una volta presi dall’esercito, le torture saranno durissime e mirate a far convertire o cedere alla morte.

Quando i grandi registi affrontano un tema come la religione cadono spesso in film luuuunghi e ripetitivi, come se questa fosse l’unica strada per raccontare il tormento della religione. Silence, con i suoi 161 minuti, non si distacca da questa tradizione, ma la durata non fa altro che penalizzare la pellicola, sia per la “pesantezza” e sonnolenza, che per il fatto che bisogna dedicargli quai 3 ore!

La storia ci rappresenta un cristianesimo colonizzatore ed estremista, totalmente rifiutato e perseguitato dalle istituzioni locali. Quello stesso cristianesimo che in altre realtà coloniali più affermate ha funzionato da apripista proprio per imporre la supremazia europea. Andrew Garfield non ha decisamente la faccia da missionario e lo ritengo spesso poco coinvolgente nella sua interpretazione.

Film per insonni.