Barriere (Denzel Washington, 2016) • Voto 8

La vita della famiglia di un lavoratore afro-americano di Pittsburgh negli anni ’50.

Troy (Denzel Washington) carica i secchi della spazzatura sul camion della nettezza urbana. Sono gli anni ’50 a Pittsburgh, il razzismo è ancora vivo nella società americana, anche se le cose stanno cambiando rapidamente. Insieme a Rose (Viola Davis), Troy ha una splendida famiglia, con un figlio di trent’anni dovuto ad un primo matrimonio che suona nei locali ed è sempre squattrinato e un figlio teenager che è stato selezionato per giocare a football nel college.

Troy vive male il conflitto generazionale causato dal cambiamento culturale che sta avvenendo in questi anni. Ha avuto un’infanzia dura, piena di delusioni e difficoltà, e non vuole che questa si riproponga con i propri figli. Allo stesso tempo cerca di educarli a lavoro e alla fatica, al dovere prima del piacere e a non fidarsi mai dell’uomo bianco.

Denzel Washington recita e dirige egregiamente questa pellicola, affiancato da un’impressionante Viola Davis, che merita giustamente l’Oscar come attrice non protagonista. La storia di fatto non ha nulla di originale, è uno spaccato della società nera di quel periodo. I protagonisti infatti sono tutti i membri della famiglia, non ce n’è uno in particolare. Sul piano psicologico, il conflitto socio-culturale è rappresentato perfettamente non solo nella persona di Troy, ma anche nel fratello, nel collega, negli sguardi dei vicini. Visivamente tre quarti del film si svolgono nella casa, c’è quindi una ripetitività delle inquadrature che in parte ci annoia ed in parte contribuisce a renderci partecipi della famiglia.

Un film consigliato a chi apprezza la recitazione, i dialoghi e le sfaccettature psicologiche.

The founder (John Lee Hancock, 2016) • Voto 6 --

La vera storia dell’acquisizione della catena di fast food McDonald’s.

Negli anni ’50, Ray Croc (Michael Keaton) fa il venditore di frullatori a ristoranti dell’Illinois. Manco a dirlo, la vita del venditore è piena di insuccessi e porte in faccia. E anche con la moglie non c’è grande intesa.

Un giorno Ray riceve un ordine di sei frullatori dallo stesso ristorante a San Bernardino, California. Incuriosito, decide di andare a vedere perché c’è tanta richiesta. Il ristorante si chiama McDonald’s e i fratelli che lo hanno aperto si sono inventati il concetto di fast food.

Ray rimane colpito e decide di proporre ai proprietari del locale di aprire un franchising, sfruttando gli “archi dorati” sognati da Dick McDonald’s come marchio. Dopo una prima titubanza questi accettano. In meno di un anno Ray apre fast food in 17 stati americani e, come ogni multinazionale che si rispetti, decide di far fuori i fondatori originali e prendersi il merito.

Il film è carino, la storia non ha nulla di originale (le grandi società sono nate quasi tutte così). Il regista ci propone vari monologhi di Keaton davanti allo specchio, ma il livello non è lo stesso di Birdman, l’oscar è lontano c’è poco da fare.

Da vedere si, ma occhio che vi verrà voglia di hamburger!!

Sotto la sabbia (Martin Zandvliet, 2015) • Voto 10

Nei giorni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, più di 2000 soldati tedeschi presenti sul territorio danese furono obbligati a sminare le spiagge del paese. Più della metà di loro perse la vita.

Nei giorni in seguito alla resa della Germania nel maggio 1945, i soldati tedeschi presenti in Danimarca divengono prigionieri dell’esercito danese. Questi ragazzi, spesso nemmeno maggiorenni, si trovano non solo a dover affrontare il rancore della popolazione oppressa per la violenza subita in precedenza, ma a rispondere anche dei danni fisici inflitti al paese. Infatti, per la  paura di Hitler di uno sbarco sulle coste danesi, l’esercito del Reich negli anni precedenti aveva riempito le spiagge di mine.

È così che al Sergente Carl viene affidata una squadra di soldati tedeschi per bonificare un tratto di costa. Carl è accecato dalla rabbia per le violenze della guerra appena finita e tratta i ragazzi come veri animali, lentamente, però, il lato umano del Sergente si fa avanti e Carl si rende conto che questi sono solamente ragazzini senza una vera colpa.

La pellicola danese ci fa schierare con i “poveri” soldati tedeschi e ci mostra come la natura umana possa essere orribilmente accecata dalla rabbia, tanto da non comprendere che abbassandosi al livello della violenza appena subita si diventa complici del nemico. Un film decisamente violento sia dal punto di vista grafico, che da quello emotivo. Martin Zandvliet ci racconta questa storia in maniera cruda e diretta dalla prima all’ultima scena. La spiaggia piena di mine è il paradiso e l’inferno, il luogo dove i ragazzi sognano di tornare a casa, sudano con la mina in mano e spesso esplodono senza lasciare traccia. È la guerra senza veli.

Consigliatissimo.

Hacksaw Ridge (Mel Gibson, 2016) • Voto 6

La vera e incredibile storia del primo obiettore di coscienza dell’esercito americano a ricevere la Medaglia d’Onore per aver servito durante la battaglia di Okinawa, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Desmond Doss (Andrew Garfield) è un ragazzo della Virgina figlio di un reduce della Prima Guerra Mondiale e alcolista per colpa della stessa. L’appartenenza alla chiesa Cristiana Avventista del Settimo giorno fa si che Desmond rifiuti la violenza in toto. Quando l’attacco di Pearl Harbor costringe gli USA ad entrare in guerra, Desmond decide di arruolarsi come obiettore di coscienza. Viene così bullizzato, umiliato e portato anche davanti alla corte marziale per il suo rifiuto a maneggiare le armi. Solo l’intervento del padre e della moglie riescono a salvarlo dal carcere.

Nella cruenta battaglia di Okinawa Desmond si rende subito utile per le truppe americane in ritirata. Rimane addirittura solo sul campo per una notte ed un giorno a salvare i propri compagni e spedirli verso gli aiuti.

Mel Gibson rende pallosa e lunghissima una storia straordinaria e veramente incredibile. Le due ore e venti minuti sono eccessivamente intrise di dettagli e sotto-storie inutili e banali. Per questo il film include una storia d’amore romantica, battaglie con super effetti speciali, il dramma della guerra, insomma mancherebbero solo un pò di fantascienza e dei cartoni animati per avere tutti i generi. Darei 10 alla storia, ma il film è veramente nulla di che.

Doctor Strange (Scott Derrickson, 2016) • S.V.

Il film è senza voto perché il genere dei supereroi non è tra i miei favoriti, quindi darei ingiustamente un voto basso.

Nella trama ci sono tutti i classici ingredienti del film della Marvel: una vita da ricco, l’incidente, la trasformazione, l’incontro con il bene e il male, la storia d’amore inespressa e il salvataggio del mondo dalla vittoria del male.

Gli effetti speciali sono fantastici e in alcuni punti anche eccessivi, rendendo le immagini poco comprensibili e simili a dei quadri di Escher. Il film nel suo complesso è abbastanza prevedibile, ma credo piacerà agli appassionati del genere…

(SPOILER)

Insulso il ricatto con cui Dr. Strange sconfigge l’impotente e ridicolo Dormammu, che impersona il male. Mi aspettavo una battaglia all’ultimo sangue.

(FINE SPOILER)

Arrival (Denis Villeneuve, 2016) • VOTO 10

Cosa succederebbe se arrivassero gli alieni? Riusciremmo a capirli? E se avessero solo intenzione di aiutarci, saremmo in grado di comprendere il loro gesto?

Louise (Amy Adams) è una stimata professoressa di linguistica di un’università degli Stati Uniti. Quando arrivano 12 navi aliene e si posizionano in diverse zone del pianeta totalmente immobili, Louise viene contattata da un Colonnello dell’Esercito per tentare di decifrare il linguaggio degli alieni. Viene così accoppiata con Ian (Jeremy Renner), un fisico, il loro scopo è capire il motivo della visita degli alieni.

Salendo sulla nave si ritrovano davanti ad un grande acquario con dentro due mani giganti con 8 dita (sono gli alieni) che parlano emettendo suoni simili al didgeridoo e scrivono attraverso dei cerchi di inchiostro.

Un film che ci lascia con tante domande riguardo il nostro essere umani, le contraddizioni che storicamente ci caratterizzano, l’incapacità di riconoscerci come appartenenti ad un’unica razza e pianeta e la conseguente assenza di collaborazione disinteressata per un fine unico. Un film esistenziale quindi, dove i protagonisti non sono certo gli alieni.

Dal punto di vista tecnico il film è pura luce e fotografia, impeccabili dal primo all’ultimo fotogramma, che, insieme alla maestosa colonna sonora e ai flashback, coinvolgono e ci trasportano in un mondo futuro. Cuore, mente e stomaco sono assolutamente rapiti dal film.

Saremo mai in grado di cooperare veramente? Può un linguaggio terzo universale essere la soluzione?