Slash (Clay Liford, 2016) • VOTO 7

Una coppia di adolescenti dai gusti sessuali ancora indecisi e che condividono la passione per la scrittura di storie sessuali sui personaggi dei fumetti si scontrano con una società che rifiuta la possibilità che dei minorenni possano affrontare tali tematiche.

Neil (Michael Johnston) è un quindicenne introverso che passa il tempo libero a scrivere di nascosto storie di sesso gay tra eroi dei suoi film preferiti. Un giorno a scuola gli viene rubato il quaderno e, nella derisione generale, questo finisce nelle mani di Julia (Hannah Marks) che invece prende le sue difese. 

I due scoprono di avere la passione comune per le storie erotiche e Julia introduce Neil in una comunità online di scrittori del genere. In realtà la community è vietata ai minori e i ragazzi dichiarano il falso per partecipare.

Neil e Julia hanno in comune anche dei gusti sessuali indecisi, o ambivalenti, perciò anche il loro rapporto è abbastanza ambiguo.

Il grande successo all’interno della comunità online dei loro racconti li porta a partecipare al FanCon, una convention di fan dei personaggi dei fumetti con dei reading dal vivo. Qui i due si scontreranno definitivamente con il rifiuto della società per dei minori “deviati”.

Un film low-budget indipendente con una bella storia d’amore a tinte comiche che descrive egregiamente l’adolescenza al tempo di internet, ovvero quando la falsa apertura della società per il mondo gay si scontra con un giovane che sta formando i propri gusti sessuali e che grazie al world wide web è a conoscenza di molte più opzioni tra cui scegliere. Tutta interpretazione e storia, la pellicola diretta da Clay Liford coinvolge e appassiona al punto giusto.

Equity (Meera Menon, 2016) • VOTO 2

Una consulente finanziaria tutta soldi e carriera deve curare il lancio in borsa di un social network, si scontrerà però con lo sciacallaggio tipico del mondo si Wall Street.

Naomi Bishop (Anna Gunn) è un donna che nella sua vita ha puntato tutto sui soldi: lavora per la più grande banca d’affari americana e non ha vita privata al di fuori del lavoro. Si frequenta con Michael Connor, scuola del trading e collega in banca. Chiaramente i due non potrebbero parlare di lavoro, ma pare evidente fin da subito che l’interesse di Michael per Naomi sia tutt’altro che amoroso.

Con l’incarico del lancio a Wall Street di Cachet, un social network che fa della sicurezza un vanto, si scatena il più classico degli schemi di insider trading con intrecci stile Beautiful.

(SPOILER)

Il finale è banale e senza significato, quindi se dopo mezz’ora vi siete rotti, spegnete pure. 

L’assistente di Naomi si fa corrompere e sputtana il lancio, ma viene promossa, Naomi licenziata e Michael sempre più ricco.

(FINE SPOILER)

nel trailer appare il commento di Guy Lodge su Variety: “Meet the she-wolves of Wall Street”, ma se leggiamo la sua recensione conviene con noi sul fatto che il film si di basso livello e sopravvalutato solamente per la tematica. Il femminismo si mischia al capitalismo e scopriamo che le donne sono altrettanto corrotte e assetate di soldi che i loro colleghi uomini.

Con una qualità dell’immagine stile serie tv di basso livello (tipo NCIS per intenderci), dialoghi che alternano tecnicismi incomprensibili all’uomo della strada a battute scontate e un piattume generale nello sviluppo della storia, è abbastanza facile addormentarsi già dopo la prima mezz’ora. 

Sconsigliato e sopravvalutato dalla critica.

Snowden (Oliver Stone, 2016) • VOTO 6

La storia romanzata da Oliver Stone sull’uomo più ricercato d’America: Edward Snowden.

Per chi non lo sapesse Snowden, ex-agente di CIA e NSA, è stato la “talpa” che ha denunciato la simpatica pratica del Governo degli Stati Uniti d’America di tracciare e registrare qualsiasi tipo di comunicazione (telefonia, sms, mail, foto, ecc…) avvenisse in tutto il mondo.

Come dicevo, la vita di Snowden è stata rivista ed abbellita con un rapporto più profondo con la propria ragazza, una dura preparazione militare e qualche altro piccolo dettaglio. In ogni caso non c’è da aspettarsi un film sullo spionaggio veloce e divertente, è una mezza palla di due ore.

Credo che rimanga fondamentale per capire la storia reale la visione del documentario “Citizenfour” di Laura Poitras e Glenn Greenwald e che ha vinto l’Oscar come miglior documentario nel 2014. Questa pellicola di Stone può essere più un corollario ai fatti realmente accaduti, ma è bene chiamarlo film.

Into the forest (Patricia Rozema, 2015) • VOTO 6 e mezzo

Cosa accadrebbe se saltasse improvvisamente la corrente elettrica e nessuno sapesse quando potrebbe tornare?

In un futuro non molto lontano, Nell e Eva, sorelle adolescenti, vivono con il papà in una casa strabiliante nel mezzo dei boschi canadesi. Eva fa la ballerina e Nell studia medicina.

Quando l’energia elettrica viene meno le ragazze si ritrovano senza musica per ballare e senza computer per studiare, mentre il papà si adatta più velocemente alla situazione grazie al suo passato nell’era pre-informatica. Inoltre la casa è quasi autosufficiente, garantendo acqua, riscaldamento e cibo.

Qualche giorno dopo, visitando la città più vicina, i tre si rendono conto di come la gente stia perdendo il senso di civiltà in favore della pura sopravvivenza.

Il film non ha una trama complessa, tanto che nella prima parte ci si chiede dove la regista voglia andare a parare con questa storia. I momenti di azione passano molto rapidi, mentre ci si sofferma tantissimo sulle sensazioni che vivono le ragazze. La forza di questa pellicola canadese, infatti, sono le immagini, la musica e le emozioni. Centrale è la trasformazione delle ragazze da cittadine hi-tech ad animali in grado di sopravvivere, il dolore, la noia, la frustrazione per le continue prove a cui la natura sottopone gli esseri viventi, la perdita della fiducia nei confronti del prossimo.

Un film che fa godere gli occhi e il cuore, ma che con un piccolo sforzo in più sarebbe stato in grado di coinvolgere pienamente lo spettatore.

War Dogs (Todd Phillips, 2016) • VOTO 4

Due ventenni trafficano armi con il pentagono senza avere la più pallida idea di quello che stanno facendo.

David e Efraim sono due compagni di scuola della comunità ebraica di Miami che si ritrovano dopo qualche anno ad un funerale. David fa il massaggiatore ed è squattrinato, Efraim invece commercia armi per l’esercito americano e fa un sacco di soldi senza muoversi dall’ufficio.

In un batter d’occhio i due diventano soci e si ritrovano a trasportare un carico di pistole in Iraq guadagnando cifre folli per dei ragazzi che non hanno finito la scuola.

Il passo successivo è l’incontro con un pezzo grosso del traffico di armi che si veste come Bono Vox degli U2. Con lui si apre la strada albanese e il contratto più grande della loro vita.

Todd Phillips è il regista di Una notte da leoni e chiunque credo che accosterebbe questo film alla saga sugli addio al celibato a Las Vegas. Il fatto è che questa è una storia realmente accaduta, una storia che ha addirittura fato giurisprudenza negli Stati Uniti, trovo quindi fuori luogo l’interpretazione cazzona che da un’aura di fighezza all’impresa dei due protagonisti. 

Anche la scelta della voce fuori campo di uno dei protagonisti è deprecabile e ci fa perdere la minima occasione di vedere della recitazione o di provare pathos.

Un filmetto per ridere con una storia assurdamente vera.

Miss Peregrine's Home for Peculiar Children (Tim Burton, 2016) • VOTO 9

Un gruppo si simpatici ragazzi con poteri speciali deve combattere il signore del male che si nutre dei loro occhi per mantenere sembianze umane.

Jack, figlio di una famiglia malandata, ritrova il proprio nonno morto in giardino e da quel giorno inizia a vedere mostri e a fare incubi. La psicologa gli consiglia di andare a visitare l’isola gallese dove il nonno aveva trovato rifugio durante la seconda guerra mondiale. Il nonno, quando Jack era piccolo, gli raccontava delle sue origini polacche e che si era salvato grazie all’ospitalità di una casa per bambini speciali, parlava anche dei mostri che aveva dovuto combattere durante la sua vita e questi mostri ora apparivano a Jack.

Esplorando l’isola Jack entra in una dimensione parallela dove vivono i ragazzi speciali e scopre che sono costretti a rivivere sempre lo stesso giorno per paura di essere trovati e uccisi da Mr. Barron (Samuel L. Jackson). Qui inizia la battaglia per salvare il destino dei ragazzi combattendo il male e i suoi mostri.

Una favola per adulti come solo Tim Burton sa fare. La sua impronta è ben evidente sin dalla prima scena dall’attenzione per gli occhi (la vera fissa di Burton), da come è lavorata l’immagine e dalla dinamica dei movimenti di macchina. Il film è un capolavoro di semplicità e complessità allo stesso tempo. Gli scenari sono pazzeschi e sempre curati fino al minimo dettaglio. Posso dire anche che l’aver lasciato il filone dei musical restituisca al regista maggiore leggerezza e fantasia.

Insomma, altro film che vi consiglio per un pomeriggio post pranzo natalizio.

Florence (Stephen Frears, 2016) • VOTO 7

Una ricca signora malata fin da bambina dedica la propria vita alla musica, perché vivere il proprio sogno non può che far bene al corpo e all’anima.

Florence (Meryl Streep), è una ricca ereditiera americana. Nella vita si è dedicata corpo e anima alla musica attraverso la sua fondazione e il finanziamento di concerti. È sposata con St. Clair (Hugh Grant), che la segue nei suo progetti senza mai contraddirla e evitando, anche negli insuccessi più clamorosi che Florence se ne renda conto.

Florence è malata di sifilide da 50 anni ed è solo le musica che la tiene in vita, quando quindi decide di cantare in una sala da concerto nessuno deve farle capire che andrà incontro alla derisione collettiva.

Meryl Streep recita, come sempre, in maniera strepitosa ed è accompagnata da un cast che la spalleggia egregiamente. Il film non è mai noioso o prevedibile, anzi ci trasporta negli anni ’40 con la perfetta ricostruzione del centro di New York, i costumi, le feste e soprattutto la musica (filo conduttore del film).

I dialoghi sono veloci e moderni, si passa dal lato comico a quello drammatico. È una storia assurdamente vera.

Un film natalizio, divertente, ma soprattutto ben fatto. Consigliato.

Captain Fantastic (Matt Ross, 2016) • VOTO 8

È la vita di una famiglia che sceglie la devoluzione e disprezza il capitalismo, che lotta per la felicità e non per la ricchezza.

Metti che un giorno una coppia decide di trasferirsi nel bosco con tutta la famiglia (6 figli) e di vivere di ciò che riesce a trovare/cacciare. Dopo 10 anni la moglie che già soffriva di bipolarismo si suicida e il resto della famiglia decide di attraversare il paese per andare al suo funerale e renderle omaggio alla maniera buddista, come da sua volontà.

In questo viaggio l’utopia della devoluzione dovrà affrontare il suo peggior nemico: il capitalismo, incarnato dalla ricca famiglia della mamma, ma anche dalla società di cui i ragazzi non hanno mai fatto parte.

Un film denso di contenuti e spunti interessanti, ci fa pensare, ci fa sognare, ci mostra la sconfitta e alla fine ci da la speranza. Sono belli i dialoghi, fantastica la recitazione di tutti i protagonisti, una colonna sonora spettacolare (con la versione hippie di “Sweet child o’ mine” dei Guns N' Roses). I personaggi sono ben caratterizzati e costruiti a tutto tondo, insomma, nulla da dire!

Da vedere assolutamente in questo periodo natalizio dove la famiglia è decisamente centrale e, ahimè, anche il capitalismo.

Sully (Clint Eastwood, 2016) • VOTO 6

Lo spettacolare ammaraggio avvenuto il 15 gennaio 2009 nel fiume Hudson a New York raccontato da Clint Eastwood e interpretato da Tom Hanks.

Della trama c’è poco da dire, si tratta della ricostruzione dell’ammaraggio del volo US Airways 1549 e del processo che dovette subire il comandante Chesley "Sully" Sullemberg per accertare che la manovra fosse l’unica possibile.

Mi sarebbe piaciuto dare un voto disgiunto perché si tratta di un film multipolare, egregio sotto certi aspetti e pessimo per altri. Clint Eastwood riesce a ricostruire benissimo l’accaduto con delle imagini spettacolari e ci fa vivere l’angoscia e il limbo che ha sopportato il comandante durante quei giorni di processo. Tom Hanks invece si conferma (dopo “A hologram for the king”) piatto, manca di interpretazione, di spontaneità, ha la stessa espressione in ogni scena. Bocciatissimo.

Veniamo alla tecnologia, questo è il primo film girato interamente con pellicola IMAX, una pellicola molte volte più grande del classico 35mm e che permette una qualità dell’immagine nettamente superiore. Nel caso specifico, però, l’immagine è si di grande dettaglio, ma a discapito delle luci, del contrasto, di ombre piene. Si ha la sensazione che sia giorno anche quando il protagonista entra in un bar in piena notte.

Ultima nota dolente è la totale assenza di colonna sonora, o forse non me ne sono accorto io…

Insomma, il voto è la media dell’8 al regista e del 4 a tutto il resto.

Imperium (Daniel Ragussis, 2016) • VOTO 5

Harry Potter può trasformarsi in un infiltrato dell’FBI in un gruppo nazzista della Virginia?

Nate (Daniel Radcliffe) lavora per l’FBI come aiuto detective, è un ragazzo precisino con gli occhiali e ben preparato; le sue passioni sono la buona cucina e la musica classica; l’unico amico che ha è il vinaio; insomma un perfetto genietto sociopatico dei giorni nostri.

Il ragazzetto in questione viene scelto da un’agente-ex-infiltrata-amantedell’adrenalina come infiltrato per sgominare un’organizzazione nazzista che starebbe pianificando un attacco terroristico in grado di scatenare la rivoluzione per la supremazia della razza ariana. Vi sembra troppo? Non è mai abbastanza per un film made in USA. L’attentato deve essere effettuato con un’esplosione radioattiva!

Il piccolo Nate (sarà alto un metro e mezzo) si rasa a zero, si toglie gli occhiali, studia tutti i libri del caso e in un battibaleno riesce ad integrarsi con il gruppo dei fanatici più cazzuti diventando addirittura loro consigliere sulla sicurezza.

Non credo che ci sia bisogno dello spoiler perché mi sembra che la fine sia sufficientemente scontata.

Non ho mai visto Harry Potter, se non in qualche immagine, ma vi assicuro che Daniel Radcliffe è totalmente fuori ruolo sia per presenza scenica che interpretazione. Per il resto non si tratta di un film malvagio… è pur sempre un’americanata.

Se siete fan del maghetto vi consiglio di tenervi quel bel ricordo che avete.

I am Bolt (Benjamin Turner e Gabe Turner, 2016) • VOTO 8

Non può non piacervi Usain Bolt, credo sia umanamente impossibile.

Il documentario ci presenta la carriera sportiva del 9 volte campione olimpico nei 100m, 200m e 4x100m piani, ma soprattutto dell’uomo che c’è dietro allo scherzoso atleta.

Usain si presenta da solo, attraverso dei selfie video che ha evidentemente registrato durante tutta la sua carriera. Ci troviamo di fronte ad un ragazzo frustrato dal conflitto tra il suo essere gioviale, minchione e cazzeggiatore e la disciplina necessaria per raggiungere gli obiettivi della sua carriera; dall’impossibilità di muoversi liberamente per una città a causa della sua fama e che quindi si trova a parlare a una telecamera di notte nella camera dell’albergo; dalla voglia di mollare tutto e vivere la propria vita, alla competitività che si scatena quando si sente sfidato.

Nel complesso un film molto interessante proprio per la presenza di questi autoritratti che rendono il tutto più umano e bilanciano la mera cronaca sportiva che già conosciamo.

Over your dead body (Takashi Miike, 2014) • VOTO 7

Quando recitazione e realtà si confondono è difficile distinguere tra il bene e il male.

Iwa e Kosuke, coppia nella vita e sul set, recitano in una spettacolare opera teatrale giapponese riguardo un samurai e l’intreccio dei suoi amori, disgrazie e gelosie. Nel film come nella vita reale le vicende dei due attori si susseguono e si scambiano (creando anche a noi delle difficoltà nel capire cosa stia succedendo) fino allo scoppio di gelosia e psicosi finale che ci regala un bagno di sangue, come solo i migliori film giapponesi sanno fare.

Il film è tratto da una storia di fantasmi giapponese, è difficile raccontare la trama perché molto fluida, intricata e criptica, ma proprio per questo coerente con i processi della mente umana. 

La qualità del film è altissima: luci, scenografie e suoni sono orchestrati magistralmente. È curioso anche il tipo di teatro in cui lavorano gli attori: una sorta di scuola con un pubblico di tecnici seduti a dei banchi con tanto di cucina e un mega palco girevole.

Un film horror-splatter con retrogusti psicologici interessanti. Consigliato a stomaci forti.

Hunt for the Wilderpeople (Taika Waititi, 2016) • VOTO 7

La storia di un ragazzo problematico e della sua nuova famiglia in chiave comica e leggera.

Ricky (Julian Dennison) proviene da un orfanotrofio ed ha un passato turbolento. La sua nuova famiglia vive in mezzo ai boschi della Nuova Zelanda, lontana da tutto. Dopo i primi tentativi di fuga, Ricky si innamora della famiglia e proprio in quel momento Bella, la sua nuova mamma, viene a mancare.

Il rapporto con Hec (Sam Neill) non è facile, quindi Ricky decide di mettere in scena la sua morte e fuggire. Hec lo segue e si trovano entrambi inseguiti dalla temibilissima agente sociale, dalla polizia e dall’esercito perché di sospetta che sia Hec ad aver rapito Ricky.

Un film leggero che mischia la comicità francese allo stile e i tempi dei film di Wes Anderson. Sam Neill sembra stato catapultato dal primo Jurassic Park direttamente in questo film e la parte del burbero che non vuole ammettere di avere un cuore grande gli si addice. Julian Dennison è molto simpatico e tiene bene il suo ruolo comico/tragico. I paesaggi sono quelli splendidi della Nuova Zelanda e le musiche sono originali.

Un film perfetto per un pomeriggio delle vacanze di Natale.

Hell or high water (David Mackenzie, 2016) • VOTO 5

Due fratelli si ritrovano dopo tanto tempo per rapinare banche e mettere fine alla loro povertà.

Quando un fratello esce di prigione dopo tanto tempo la tua prima idea è di andare a rapinare una banca con lui, come ai vecchi tempi. È cosi che Toby e Tanner decidono di risolvere il loro problema: la povertà nel desertico Texas.

I due fanno rapine piccole e solo alle filiali della banca proprietaria del mutuo sul loro terreno. A cercare di catturarli sono un poliziotto quasi in pensione ed il suo collega indiano, una coppia assolutamente improbabile e quasi ridicola.

I fratelli hanno studiato bene la strategia e riescono a portare a termine tutti i colpi, anche perché i due poliziotti sembra che facciano il loro lavoro per scherzo. 

(SPOILER)

Alla fine i due si separano: uno decide di farsi inseguire dalla polizia e poi sparare con un fucile da una collina uccidendo gli agenti per divertimento (chiaramente poi morirà); l’altro estingue il mutuo e diventa dipendente dei suoi figli che hanno ereditato il ranch con il terreno pieno di petrolio.

(FINE SPILER)

Il film inizialmente sembra interessante, soprattutto quando leggiamo che lo sceneggiatore è lo stesso di Sicario, il problema è che manca ritmo, spesso manca anche il senso, non si capisce se sia un film comico o di azione… o forse sono io che sono legato a degli schemi ancestrali…

Un film da vedere se non avete proprio niente di meglio da fare. Vi intratterrà un paio d’ore.